Fotovolontario -Gianfranco
Oddio! Oddio! [si copre il viso con gli occhi]
Laura proprio non se l’aspettava che le avrei chiesto di parlarmi di Gianfranco, e quando ne sente pronunciare il nome, la sua reazione teatrale erompe, suscitando le risate divertite degli altri. Gianfranco è suo collega di lavoro ogni giovedì mattina, quando le tocca andare in missione dal Laboratorio in Officina per lavorare il legno. Ma è presenza fissa dei suoi discorsi già dal mercoledì e per tutto il venerdì, perché quel giovedì mattina incombe a lungo nei suoi pensieri, preoccupandola ventiquattr’ore prima e restando vivo nella memoria per le successive ventiquattr’ore. Il perché è presto detto.
Diciamo che sul lavoro è molto esigente. Perché lui vuole che le cose si fanno per bene. È simpatico, divertente, ironico… ma quando lavoriamo dobbiamo essere molto seri. E se succede quello che non deve succedere… Gianfranco perde la pazienza.
Tutto chiaro, insomma.
Chissà che quadro dipingeranno gli artisti dell’Officina, allora. Qui, però, la reazione al sentir pronunciare il nome è di tutt’altro tipo. Le mani si levano rapidamente in alto per prenotarsi, come raramente è accaduto nelle nostre conversazioni precedenti. Aurora opta per la dose forte di superlativi.
Devi dire che lui può essere il migliore volontario dell’associazione Divergo.
Uno come lui, non sono mai stata così bene in tutta la mia vita.
Un momento.
Stiamo parlando della stessa persona che conosce Laura? Aurora continua, spiegando perché si trovi così bene con Gianfranco. E fa capire che anche per lei è uno scoglio duro con cui confrontarsi.
Sono io che devo affrontarmi. Siccome lui è più grande di me, essendo io artista, devo portare rispetto a Gianfranco. E quindi è giusto che mi sento di dire che mi fa onore lavorare con lui e tutti i suoi lavori. Sono molto fortunata che mi fa lavorare il legno. Stare con lui mi fa imparare ad essere migliore artista. La mamma mi diceva di portare rispetto a chi è più grande.
Pierluigi segue il discorso senza smettere di levigare il pezzo di legno che stringe tra le mani. Anche quando tocca a lui parlare. E lui sì che ha cose da dire, essendo il partner di elezione per Gianfranco. Forza, Pierluigi, dimmi qualcosa anche tu, non farmi aspettare ancora. Si dà il caso che il tuo collega stia per arrivare, e sarebbe imbarazzante parlare di lui in sua presenza.
Per me non è imbarazzante. Essendo un amicone ci scherzo sopra. Dico: “Gianfranco, ‘ste scatole che sto facendo… alla fine mi rompo pure le mie che ho nella testa!” Ci aiutiamo entrambi, sia su come il legno è fatto, sia su come muoverci sugli strumenti da lavoro. E anche se a volte sbaglio e faccio la testa di chiodo [è il nostro modo per indicare chi si intestardisce sulle proprie posizioni e sembra portare inutilmente una testa sul collo, n.d.r.], cerco di seguire quello che vuol dire lui.
E se invece sbagli, lui cosa fa?
Mi corregge sulle parole e anche sui movimenti. Però giovedì ho sbagliato tre volte e ho dovuto cambiare lavoro. Ma non me la sono presa.
Vedi, se sto solo, come in questo momento, ce la faccio a seguire di più quello che lui ha detto. Ricordo il sistema. Invece, stando davanti a lui, un po’ l’emozione e un po’ l’amicizia che c’è… mi inganna questo.
L’intervistatore potrebbe già essere più che soddisfatto di quanto raccolto. Ma c’è tempo per un’ultima domanda. Insomma, per voi dell’Officina sembra che non abbia un difetto. O no? Aurora, ancora lei, si fa carico del compito di rispondere.
Il difetto di Gianfranco è che, quando arriva a una certa età… a volte perde lucidità, e ci rimprovera. “Questo non lo devi fare, così non si fa…” A me il legno piace, e vorrei continuare il legno. Il difetto che non mi piace è che lui è troppo sicuro di se stesso. Va fino in fondo nel suo lavoro, ma a me non piace quando perde la calma, quando è molto nervoso.
Io vorrei vederlo più calmo, tranquillo, sereno. E quando vedo pace nel mio lavoro, mi sento felice.
C’è anche chi, questi difetti, sa prenderli con leggerezza, senza farsi scalfire più di tanto. Federica racconta: Ho fatto il caffè, a lui non piaceva e mi ha messo il muso. Io me la sono presa. Poi gli ho detto:“Gianfranco, bevi un po’!”
Vito Paradiso